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“Sapere che un dato giorno in un dato luogo è stato osservato un cetaceo, è un dato acquisito e utile per le conoscenze ancora scarse he abbiamo di questi animali: questo metodo di raccolta di dati è ancor più interessante se ripetuto ogni anno e confrontato le con altre osservazioni effettuate”.

(Prof. GIULIO RELINI, Presidente della Società Italiana di Biologia Marina e docente di Ecologia Animale del DIP.TE.RIS. del- l’Università di Genova, membro del Comitato di Pilotaggio del Santuario Pelagos)


RISULTATI OPERAZIONE DELPHIS 2018

(1997 – 2018)

Per leggere il resoconto dei dati dell’operazione Delphis 2018
con i commenti di Guido Gnone (biologo marino e coordinatore scientifico del progetto Delfini Metropolitani dell’Acquario di Genova) e di Sabina Airoldi (biologa marina dell’Istituto Tethys e coordinatrice del progetto Cetacean Sanctuary Research).

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RISULTATI OPERAZIONE DELPHIS 2010

(1997- 2010) 

Commentati del Prof. Giulio Relini, Prof. ssa Lidia Orsi, Prof. Antonio Di Natale, Dott. Guido Gnone.

 

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Per cercare di meglio comprendere quale potrebbe essere la reale situazione dei mammiferi marini al largo delle coste italiane e in particolare nell’area marina del Santuario per i cetacei, l’analisi dei dati raccolti è stato affidata a due super esperti: il Prof. Giulio RELINI, Biologo Marino, Professore di Ecologia Marina all’Università di Genova, Professore alla Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, dell’Università di Genova, e la Prof.ssa Lidia ORSI, docente di Biologia Marina dell’Università di Genova.

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Prof. Giulio Relini

<Complimenti vivissimi per la presentazione di questa interessante e importante serie di dati raccolti.

Una serie di dati raccolti da quattordici anni, sui quali si può cominciare a fare alcune considerazioni.

Io mi limiterò a fare qualche considerazione sul rapporto “barche /avvistamenti “e “barche/cetacei avvistati”, la Professoressa Lidia Orsi parlerà in dettaglio di alcune specie di cetacei osservate e delle osservazioni di Meduse.

Osserviamo la diapositiva che avete proiettato in cui sono riportate in blu il numero delle barche che erano in mare e in rosso quelle che hanno fatto avvistamenti all’interno dell’area Pelagos>.

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Ora: se noi mettiamo in grafico l’andamento dei due valori con una nuova curva – quella gialla – che rappresenta la percentuale di barche che hanno a degli avvistamenti, rispetto il totale delle imbarcazioni in mare, osserviamo un andamento interessante che ci porta a commentare che nei primi an percentuale di osservazione è inferiore alla media.

Questo potrebbe essere dovuto al fatto che gli equipaggi non erano ancora sufficientemente preparati quindi l’aver istruiti, su larga scala e con molta intensità le persone all’osservazione, può avere contribuito sull’aumento delle osservazioni stesse.

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Nel grafico successivo abbiamo l’andamento del numero dei cetacei che sono stati osservati, sempre nell’area Pelegos.

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Anche qui, se facciamo un confronto fra quest’ andamento e l’andamento dei “cetacei per barca” (la linea blu), mentre la linea rossa è il numero dei cet totali avvistati, e facciamo una relazione fra questi due andamenti, vediamo che abbiamo un valore (trend) che in realtà non è molto significativo e quin questa tendenza, anche se la retta sembra discendere in maniera drastica, non è significativa. Non è significativa perché basterebbe che nel 2011 ci fosse un dato forte di avvistamenti e il “trend negativo” sarebbe quasi annullato.

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Un’altra considerazione che ho cercato di fare confrontando i “cetacei osservati in tutti i mari italiani e nell’area Pelagos” e in “tutti i mari eccetto Pelagos, e poi ho riportato il valore del “numero dei cetacei osservati per barca iscritta” e il “numero di cetacei per barca con avvistamenti” , e vediamo una cosa interessante: i valori di questi due sono maggiori in Pelagos.

Se andiamo a vedere Pelagos sulla diapositiva, il numero di cetacei per barca iscritta è 0 rispetto 0,6 e se ci limitiamo al fatto che hanno avuto degli avvistamenti, questo valore è addirittura dieci e qualcosa, cioè praticamente il doppio di quel che è stato osservato negli altri mari.

E questo non è altro che una conferma di dati, ormai storici, che hanno dimostrato da lungo tempo che quest’are un’area di particolare concentramento di cetacei ed è stata questa una delle ragioni per le quali è stato istituito il “santuario dei cetacei”.


(Prof. Giulio RELINI, Biologo Marino, Professore di Ecologia Marina all’Università di Genova, Professore alla Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche Naturali, dell’Università di Genova, già Presidente della Società Italiana di Biologia Marina e dell’European Marine Biology Association)

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Prof.ssa Lidia Orsi.

Quello che abbiamo cercato di far vedere è che è molto importante riferire gli avvistamenti, e tutti i fenomeni che si vedono in mare, allo sfor osservazione che si ha in una data campagna.

Questo concetto di “osservazione per unità di sforzo” è obbligatorio se si vogliono studiare dei “trend.”

Ho preso in esame l’insieme dei cetacei osservati, che è un numero veramente rilevante. Ritengo che ormai questa massa di dati e questi quattordici anni di osservazione formino un’importante serie della cosiddetta “citizen science”.

Solo nell’ultimo anno, enti internazionali come la CIESM (The Mediterranean Science Commission) hanno lanciato operazioni di “citizen science”, ma voi l’avete fatto quattordici anni fa e questo è stato molto interessante per me.

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<Che cosa dice questa serie di dati?

Se guardiamo al lIvello delle specie, avete 7 specie delle 8 considerate comuni.

Io mi sono soffermato sui dell’area Pelagos, naturalmente, perché è quella sulla quale abbiamo una certa famigliarità in quanto noi abbiamo cominciato le crociere nell’area Pelagos negli anni 80, prima che si parlasse di “santuario”, andavamo d’estate a vedere i vari tipi di cetacei per cercare di capire cosa mangiassero.

Venendo a Pelagos, abbiamo un numero molto elevato di dati e, a parte l’orca che è stata vista solo due volte ed è un visitatore occasionale in Mediterraneo, abbiamo otto specie comuni del santuario, comuni nel senso che passano il loro ciclo vitale lì e partoriscono anche i loro figli, li.

Dicevo, fra queste otto specie, sette figurano puntualmente. Manca l’ottava, l’ottava è lo  Zifio. Perché non vi è capitato lo Zifio? Perché è l’animale c assoluto fa le immersioni più impegnative nel mediterraneo scendendo fino a 2000 metri, ha un’immersione particolarmente impegnative come tem permanenza e anche come tempi di ricupero come di decompressine e quindi normale che sia meno possibile vederlo.

Un dato interessante che emerge da questi numeri è la presenza del delfino comune.

Negli ultimi anni si è molto pianto sul delfino comune dicendo ch sull’orlo dell’estinzione, ma questo deriva anche da un equivoco: le campagne oceanografiche hanno sempre mostrato che il delfino comune c’era. aree in cui è abbondante come le sponde a sud del Mediterraneo, il delfino comune ha i numeri per cacciare da solo ma, da noi, dove si tratta d’indi sparsi, si associa alle Stenelle, così formano gruppo se è necessario fare un’azione di caccia .

I dati su delfino comune che avete presentato sono di conforto, perché si ribadisce che il delfino comune c’è  e i vostri dqti sono anche allineati con i dati ottenuti ricerche recentissime delle esplorazioni aeree dei banchi di tonno nel Mediterraneo.

Veniamo alla “Regina”, come lei l’ha definita,(rivolgendosi al Alberto Marco Gattoni,  dei cetacei: la Balenottera. 

Per la Balenottera possiamo fare le stesse considerazioni generali sull’importanza del rapporto che c’è fra gli avvistamenti e sforzo di barche a mare.

Allora: la linea rossa che vedete li, sono le imbarcazioni che hanno partecipato in tutti questi anni all’operazione Delphis nel santuario. Nel vostro grafico è la linea rossa.

Noi abbiamo preso “balene totali avvistate in questi anni”, coefficiente “balena per barca che fa l’osservazione”. Allora: il coefficiente balena per barca è il grafico in giallo con tutti i quadratini.>

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<E vero che c’è una lieve tendenza di flessione, apparentemente, ma questo trend non è di segno negativo. Quindi, per adesso, queste osservazioni n autorizzano a dire che le balenottere sono diminuite.

Purtroppo che le balene sono diminuite è confermato anche da altri tipi di osservazioni. Chi ha recentemente campagne di avvistamento aereo dice che il numero totale cetacei avvistati nel mese di luglio 2010, quindi mettendosi quindi in condizio fare un paragone con un primo censimento fatto negli anni ‘90, dice che ha visto la metà dei cetacei che aveva visto quella volta.

Però tutto questo è discusso in ambito scientifico perchè l’area del santuario come acque italiane in cui si fanno osservazioni, anche recenti, non è considerata valida l’accertamento della distribuzione delle balenottere.

Perché? Perché si sa che la distribuzione della balenottera è “Area del santuario” e “Golfo del Leone, quindi soltanto prendendo in considerazione tutto l’insieme dell’area, (e, infatti, tenteranno di farlo quelli che hanno questo compito oggi) ripeto, prendendo in considerazione tutta l’area, si può fare qualche deduzione“a braccio”.

Questo perché i fattori oceanografici che sono in gioco sono importanti per determinare la distribuzione del krill. (il krill è cibo delle balene).

Se chiedessimo a un Esperto in Statistiche di analizzare questi “trend”, egli non ci autorizzerebbe a dire che le balene sono in diminuzione. Per affermare che le balenottere sono diminuite, bisogna considerare tutte le aree in cui una corrente stabilisce un fronte molto importante e permanente in Mediterraneo.

Quando c’è una corrente di questa intensità, si staccano vortici di mesoscala (La mesoscala è una dimensione geografica dei sis meteorologici .ndr) che sono strutture permanenti, che durano mesi. In questi vortici di mesoscala la composizione del macro e micro plancton è differerente dalle aree adiacenti. Quindi, bisogna considerare non un “pezzo” di mare afferente le coste italiane, ma tutta un area dove c’è questo regime e qu possibilità di formazioni idrologiche e capire che, verosimilmente, la balenottera è abbastanza specializzata sul suo unico alimento (krill) da essere in grado di rilevare dove sono le concentrazioni utili e quindi spostarsi, un po’ più in qua o un po’ più in là, un po’ più a sud, un po’ più a nord, dove è più oppor stare.

Quindi, c’è ancora speranza che la situazione per le balenottere non sia disastrosa.

Vedremo. Il futuro ci dirà.


< RISPETTO GLI AVVISTAMENTI DI MEDUSE, La CIESM – the Mediterranean Science Commission – ha lanciato il “Jellywatch Programme” e l’ha fatto da un anno e mezzo a questa parte, ma i vostri dati, vanno indietro di quattordici anni.

Peccato che non dicano quali meduse. Quali meduse è un dato molto interessante e quindi proporrei di fare una piccola istruzione ai partecipan Delphis, perché fondamentalmente noi abbiamo un piccolo numero di meduse significative del gruppo de Scyphozoa.

Tutti conoscono penso la Rhizostoma e la Pelagia, quella che da fastidio ai bagnanti. 

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Ora, se noi prendiamo il vostro grafico e vediamo: “barche iscritte” (in giallo), “barche che hanno avvistato meduse” (la linea blu) e la “percentuale barche a mare barche che hanno visto meduse” (con il grafico in rosso) noi possiamo poi segnalare un valore medio che è vicino a sei di percentu vediamo che c’è un certo numero di anni sotto la media. Anni che vanno fino al 2006. Poi, di colpo, c’è un apice di osservazioni perche la percentua “barche che osservano meduse” sale a circa 15.

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Tutto sommato, questi ultimi cinque anni direbbero che ci sono le meduse. Questo penso che possa essere un dato reale. Noi che prevalentemente studiamo pesci, (io in particolare mi occupo di ecologia dei grandi pelagici, quindi studio grandi pesci ed eventualmente anche i pesci che loro mangiano) possiamo dire che, per fortuna in mar ligure, abbiamo un grande numero di specie di “pesci medusiveri”.

Ognuna delle specie raffigurate sul bordo dei poster, tutti questi sono pesci medusiveri.

Quindi noi abbiamo in mar Ligure una magnifica biodiversità di pesci, capaci di tenere a bada, almeno entro certi limiti, le meduse.

Allora ci chiediamo: funziona questo sistema in mar ligure?

E per caso il mar ligure avrà meno meduse degli altri mari? Si direbbe di sì.  Dal vostro grafico, numero di meduse osservate ha un’impennata negli anni 2009 e 2010, cioè quando siete usciti dalle acque del santuario e siete andati a prendere i dati lungo tutte le coste italiane.>

(Prof.ssa Lidia ORSI, docente di Biologia Marinadell’Università di Genova)

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Alla conferenza è intervenuto anche il dott. Guido GNONE, Biologo marino, responsabile del progetto Delfini Metropolitani e coordinatore scientifico dell’Acquario di Genova

<Vorrei fare un commento per quanto riguarda i dati sulla balenottera. Mentre ci sono questi dati che rilevano una diminuzione all’interno del santuario, è interessante richiamare il lavoro fatto dalla dott.ssa Antonella Arcangeli, anche questo fatto su dati storici del santuario Pelagos.
Anche se la serie non è cosi continua, ci sono riferimenti a distanza di oltre dieci anni in cui si rileva effettivamente, nelle tratte che attraversano il santuario, una diminuzione, ma sulle tratte che sono a sud del santuario, cioè la tratta che va da Civitavecchia a porto Torres, quindi nel Tirreno, ci è stato un aumento, inaspettato ma notevole, di avvistamenti di balenottere. Sono quindi assolutamente d’accordo sulla possibilità che le balenottere possano aver spostato il loro “baricentro” più a sud o verso altre zone per seguire la distribuzione del krill. Questo non vuol dire che nel frattempo sia diminuito o aumentato il numero di balenottere.>

<Rispetto l’aumento di avvistamenti di tursiopi, noi, come progetto Delfini Metropolitani, abbiamo esperienza sul tursiope all’interno del santuario, dove abbiamo fatto un censimento utilizzando dati di diversi anni, (ma alla fine ci siamo concentrati sugli ultimi tre anni dove c’erano sufficienti dati provenienti da tutta l’area del santuario) e siamo riusciti a trarre un numero, circa un migliaio di individui all’interno del Santuario.
Questi dati, per il momento, non mostrano un aumento o una diminuzione significativo della loro presenza, ma almeno abbiamo stabilito un punto che forse ci permetterà di stabilire un trend in futuro. Sicuramente l’aumento di avvistamenti del tursiope rilevato da Delphis può essere dovuto al fatto che si è usciti da santuario, perche il santuario Pelagos, per quello che riguarda il “cetaceo di piattaforma” come il tursiope, non ha un habitat particolarmente ampio.>

<Tutta la zona del ponente ligure è una zona con piattaforma molto stretta e quindi il tursiope non trova il suo habitat privilegiato.
Uscire dal Santuario vuole dire esplorare zone dove invece questa piattaforma è più ampia e dove quindi è possibile che ci sia una maggiore possibilità di incontrare questa specie. Quest’aumento di osservazione di tursiope potrebbe essere dovuta alla maggiore estensione delle aree di osservazioni. Sappiamo per esempio che il tursiope si ritrova molto in tutto l’altro adriatico, che è costituito da bassi fondali sotto i cento metri di profondità e quella è una zona dove è possibile incontrare il tursiope più di altre specie di cetacei.

Sono assolutamente d’accordo con quanto detto prima, cioè che questi dati di Delphis cominciano a costituire una serie storica interessante assolutamente e che sono un riferimento importante rispetto la generale penuria di dati sui cetacei dei nostri mari e credo sia molto importante mantenere lo sforzo di osservazione abbastanza alto da continuare ad avere una quantità di dati sufficienti per fare queste considerazioni.

Lo sforzo deve essere quello di mantenere alto l’entusiasmo dei partecipanti per continuare a fare questi rilevamenti in mare che, con il tempo, costituiscono un riferimento sempre più importante.>

Il Prof. Antonio DI NATALE, Presidente del Comitato scientifico della Pesca della Comunità Europea, Coordinatore del comitato scientifico della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico –CICTA-) commenta i risultati dell’operazione Delphis 2010.

<Concordo sul fatto che la diminuzione degli avvistamenti potrebbe essere dovuta ad un semplice cambiamento della localizzazione della catena alimentare dovuta ai forti sbalzi delle temperatura. Non dimentichiamo che fino alla terza settimana di giugno 2010 le temperature dell’aria e del mare erano moto basse, più vicine alle medie invernali che a quelle primaverili. Poi, nei giorni immediatamente successivi, il bacino Mediterraneo è stato aggredito una vasta area di alta pressione livellata, che ha generato per oltre 25 giorni, temperature molto alte e un clima tropicale provocando certamente un cambiamento nel movimento delle correnti marine.>